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Sempre più documentari in Italia con un mercato theatrical da circa otto milioni di Euro

di Marco Spagnoli | 27.03.2020

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La sempre più ampia produzione di documentari, stimata nel 2019 intorno ai circa 600 titoli di diversi formati e dalle più disparate destinazioni, trova una serie di giustificazioni importanti sull’evoluzione del mercato tradizionale e sulle nuove possibilità produttive offerte dal digitale e da una serie di finanziamenti locali.

Se una volta in Italia la “palestra” dei nuovi cineasti erano, tradizionalmente, i cortometraggi, oggi, invece, sono i film legati al cinema del reale. Questo non solo per un cambio di paradigma dovuto alla direzione produttiva dell’industria nazionale che con estrema difficoltà riesce, e sempre con cifre modeste, a valorizzare i corti; ma anche e soprattutto  per il substrato culturale che negli ultimi dieci anni hanno creato format e reality show che, in qualche maniera, sono riusciti a fare accettare al pubblico una narrazione complessa ed evoluta senza attori professionisti.

L’ampliamento dell’offerta del digitale terrestre e dei canali satellitari con la presenza anche in Italia grossi player internazionali del mondo documentario (Sky Arte, NatGeo, A&E networks), ha portato ad una significativa evoluzione del mercato in direzione dei film del reale come espressione di un macro genere documentario che contiene i prodotti più variegati possibili legati a sub-generi molto diversi tra loro. Un’offerta che grazie al completamento del roll out digitale theatrical in Italia, ai finanziamenti delle Film Commission e al successo della distribuzione di titoli come eventi ha fatto sì che anche il mercato delle sale beneficiasse di questo interesse nei confronti dei documentari, alimentato ed educato da canali come Rai Storia e da piattaforme OTT come Netflix e Amazon.

Una crescita qualitativa e quantitativa del prodotto che si desume anche dai titoli distribuiti in sala: nella ricerca sviluppata da Cinetel per Mia Market – Mia Doc nel 2017 risulta che sono stati distribuiti nel nostro paese 272 titoli italiani e stranieri per un Box Office complessivo di 5.165.070 con 693.738  spettatori.

Nel 2018, invece, i documentari registrati da Cinetel sono 286 per un incasso di 8.614.655   Euro e 1.122.018  spettatori e nel 2019 ben 313 con il successo clamoroso di Chiara Ferragni – Unposted che ha superato il milione e seicentomila Euro di incassi per circa 160.000 spettatori con un Box Office complessivo di 8.574.458 di Euro   per 1.097.405 spettatori.  

Numeri interessanti resi ancora più importanti dal fatto che in Italia manca una vera e propria circuitazione dei documentari a livello nazionale e – soprattutto – non ci sono ancora risorse specifiche per la promozione dei documentari in direzione del pubblico generale, ma anche delle Università e delle scuole di ogni ordine e grado.

Un panorama in veloce evoluzione che nei primi mesi del 2020 registra sul piano produttivo novità molto rilevanti: su tutte, ovviamente, la tanto attesa creazione di una divisione doc per la Rai chiamata Rai Doc e guidata dal giornalista Duilio Giammaria. Al tempo stesso, però, si registrano anche altre nomine interessanti come quella del fondatore del Biografilm Fest di Bologna Andrea Romeo a capo della produzione dei documentari di una società consolidata come Palomar e di Elisabetta Savi come responsabile delle produzioni Doc di Fandango.

Segnali di una vitalità del mercato italiano alla prova di un confronto internazionale sempre più complesso, ma anche stimolante.