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La strategia di Prime Video in Italia

di Andrea Fornasiero | 31.01.2020

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La scorsa settimana, a Roma, i boss internazionali di Amazon Prime Video, capeggiati dalla regina assoluta Jennifer Salke, hanno presentato i loro progetti per le produzioni italiane e hanno confermato le peculiarità della piattaforma, che convive con il negozio online più grande del mondo e può inseguire sinergie in modo più diretto rispetto agli altri contendenti della guerra allo streaming.

Così, anziché annunciare serie di fiction a pioggia in stile Netflix, Prime Video svela progetti più vicino a Sky One, da generalista di lusso, e punta sulle celebrities per dirla come piace a loro. È facile capire il perché: il pubblico che Amazon vuole raggiungere va ben oltre gli appassionati di serie e il servizio vuole offrire qualcosa a una platea il più diversificata possibile. Questo perché, come ha spiegato Georgia Brown, a capo delle produzioni originali europee, «Prime Video è enormemente importante per dare valore ad Amazon Prime, perché se il pubblico è soddisfatto dei nostri contenuti streaming rimane abbonato più a lungo».

In Celebrity Hunted: Italia si scommette quindi su Santamaria e soprattutto su Totti e Fedez (che sarà anche il “social brand ambassador” del marchio e alfabetizzerà i suoi follower sul rapporto tra il negozio e la piattaforma). In Dinner Club si punta su Cracco e si annunciano Ferilli e Littizzetto. Immancabile dopo il successo di Chiara Ferragni: Unposted un nuovo documentario, su Tiziano Ferro. E poi Vita da Carlo, una comedy di fiction ma solo fino a un certo punto, dove Verdone interpreta se stesso. Aurelio DeLaurentiis, produttore del progetto, spiega così la scelta della piattaforma: «Io e mio figlio Luigi pensiamo Amazon sia diversa: può parlare di cibo, di calcio, di fiction…»

Con questi titoli ci si tuffa insomma in quel che si suol dire “nazionalpopolare”. Del resto i fan delle serie già conoscono la piattaforma, mentre manca il pubblico meno trendy ma più ampio della generalista. Anziché inseguirlo con produzioni che ricalchino Montalbano o Don Matteo, si sceglie di guardare a quello di X-Factor e MasterChef, con tutto un altro potenziale di sviluppo di product placement e con un ben diverso peso mediatico.

Possono sembrare a prima vista produzioni che non avranno grande appeal internazionale, tranne per Ferro molto amato in tutti i paesi “latini”, ma in realtà è facile vedere oltre le singole star e osservare che i punti di forza di Celebrity Hunted – Caccia all’uomo e di Dinner Club sono in realtà due punti di forza del nostro Paese all’estero. Da un lato c’è la bellezza dell’Italia, che le varie star in fuga attraverseranno in lungo e in largo e che saranno riprese con grande dispiego di mezzi, in un fantastico sforzo promozionale turistico. Dall’altro il cibo, tra l’altro con viaggi all’estero che portano le nostre star a reinterpretare piatti stranieri secondo il gusto italiano. Un tentativo di gettare un ponte verso altre cucine e quindi altre culture e altri pubblici.

Jennifer Salke ha aggiunto: «Abbiamo una base di clienti globale e vogliamo che siano deliziati dai nostri contenuti e che questi sappiano raggiungere un nuovo pubblico per gli abbonamenti Amazon Prime. Ci sono grandi sinergie grazie ad Amazon – soprattutto per quel che riguarda lo sport e l’unscripted per esempio con la moda. E anche i libri, da cui la compagnia è partita, sono molto importanti. Non mettiamo in cantiere le nostre produzioni per cercare di soddisfare diversi quadranti di pubblico, ma perché abbiamo autori che possono realizzare contenuti di grande qualità se lavorano a quello che li appassiona. Inoltre non abbiamo le scadenze di un palinsesto da riempire e quindi possiamo dare il tempo a questa qualità di concretizzarsi». Che possiamo parafrasare così: rispetto alle altre piattaforme della guerra dello streaming, noi abbiamo un altro core business e quindi siamo riparati dalla frenesia del conflitto e dagli errori che questa comporta.

Al lusso di questi tempi larghi ha fatto eco Lorenzo Mieli parlando di Banb Bang Baby: «Stiamo sviluppando questa serie da quattro anni e mezzo, perché è una storia complessa. Un crime che fa da sfondo a un racconto di formazione. Una criminalità tutta governata da donne e l’Italia degli anni 80, sono elementi che mi sono sembrati subito molto interessanti e abbiamo lavorato a tante mani per unificare i toni, i temi e gli stili che stavamo cercando».

Prime Video sceglie come location principale di Bang Bang Baby la “Milano da bere”, snobbata tanto da Sky quanto da Netflix, ma notoriamente la più internazionale delle nostre città e sicuramente quella più alla moda. Lo fa con un progetto insolito, che vuole unire il pubblico crime e quello teen, operazione che del resto è riuscita anche a Gomorra e Suburra che non ci hanno nemmeno provato più di tanto e che qui è invece dichiarata fin dal principio, oltretutto con un taglio femminile in linea con i tempi del #timesup.

Infine c’è il progetto di Citadel, che è a tutt’oggi misterioso ma fin dalla matrice inserito in un meccanismo d’ambizione internazionale. Dietro ci sono i fratelli Russo, quelli che hanno sbancato il box office di tutto il mondo con i loro Avengers, e che con questa serie cercano di replicare in Tv un meccanismo vagamente simile a quello dell’universo Marvel cinematografico. La serie portante sarà uno spy drama americano (ma di certo con i viaggi all’estero che spesso il genere richiede), con protagonisti Richard Madden e Priyanka Chopra, due star di grande appeal in tutto il mondo. A questa serie si affiancheranno serie “locali” prodotte in Messico, India e Italia: appendici autonome che però arricchiscono il disegno generale per chi abbia voglia di seguire il progetto nella sua interezza.

Così come il pubblico può vedere Thor senza vedere Captain America, ma la sua esperienza è più completa e per certi versi magnificata se li vede entrambi. In Tv già esistono universi condivisi, ma non declinati in questo modo: è la prima volta che si collega una produzione americane ad altre realizzate in altri Paesi, con star locali e lingue diverse dall’inglese. Un’operazione che passa da titoli globali come Sense8 a una sorta di versione glocal, dove il locale è all’interno dell’internazionale. E come abbiamo visto questo descrive più in generale la filosofia di Amazon nel mondo e in Italia in particolare.