Articoli audiovisivo

Il futuro dell’audiovisivo fra offerte lineari e non-lineari

di Emilio Pucci | 02.10.2019

Condividi su Facebook | Twitter | LinkedIn

Nel corso degli ultimi dieci anni l’evoluzione del mercato audiovisivo è stata fortemente segnata dalla distinzione fra offerte lineari e offerte non-lineari. Da un lato, cioè, la televisione “storica” con l’offerta di canali e programmi “a palinsesto” e dall’altro le offerte di contenuti fruibili su richiesta in modalità streaming o a seguito di download.

La distinzione ha caratterizzato in maniera significativa le diverse modalità di distribuzione e consumo così come ha definito il campo dei nuovi assetti di mercato. I nuovi grandi entranti sul mercato audiovisivo, come Alphabet / YouTube, Apple, Netflix, Amazon hanno largamente dominato e dominano il campo delle offerte non-lineari mentre gli operatori storici della TV hanno mantenuto il presidio delle offerte lineari facendo a loro volta ingresso nel campo delle offerte non-lineari. Si pensi alla catch-up TV degli operatori televisivi free-to-air o ai servizi simili degli operatori di pay-TV (le cosiddette online extension della programmazione a pagamento). Inoltre, quasi tutti i grandi operatori della TV hanno messo a punto offerte non lineari a pagamento in modalità SVoD (Subscription Video on Demand): si pensi a Infinity TV del Gruppo Mediaset o a NowTV del gruppo Sky.

La distinzione lineare / non-lineare ha attraversato e attraversa verticalmente l’intera filiera dell’audiovisivo interessando sempre di più anche i segmenti della produzione con la forte ascesa di titoli pensati e realizzati per l’ambiente online come ambiente primario di sfruttamento.

È oggi lecito chiedersi se questa stessa distinzione, per la rilevanza che ha assunto in questo decennio e per le forme che ha impresso al mercato dell’audiovisivo (distribuzione, consumo, assetti competitivi e anche produzione) continuerà a giocare un ruolo ugualmente importante anche nel prossimo decennio. E cioè se il mercato e la industry continueranno ad evolversi a ridosso di questa distinzione oppure se questa sarà sempre meno rilevante o forse, addirittura, obsoleta.

Nel primo caso, in un certo senso, si avvererebbe la ben nota previsione di Reed Hasting, fondatore e CEO di Netflix, che prevedeva un declino certo delle offerte lineari con l’eccezione di alcuni prodotti come gli eventi sportivi ed altri programmi di flusso. Gran parte del prodotto audiovisivo verrebbe consumato on-demand e cioè in modalità non-lineare. Il catalogo o la library, in pratica, sostituirebbero quasi del tutto il palinsesto e spingerebbero di conseguenza al declino definitivo le televisioni storiche. Sono numerosi i dati che supportano oggi questa visione. Primi fra tutti quelli sul declino del tempo speso davanti al televisore. Negli ultimi anni, per alcune fasce di popolazione, questo si è ridotto drasticamente e tale tendenza è il frutto di un drastico spostamento verso i consumi non-lineari.

In uno scenario opposto o quantomeno diverso, la distinzione lineare vs non-lineare potrebbe avere sul lungo periodo un minore significato e una minore rilevanza per il mercato audiovisivo. Ciò potrebbe dipendere essenzialmente da due fattori. Il primo riguarda le strategie e la capacità competitiva dei broadcaster. Il secondo è per lo più un fattore di tipo tecnologico o, se si vuole, “di piattaforma”.

In primo luogo, i broadcaster potrebbero con forti investimenti, alleanze e potenziando le capacità produttive, competere con maggior forza con gli operatori del non-lineare. La via consortile rimane una delle più utili. In Francia ad esempio, gli operatori della TV commerciale TF1 e M6 lanceranno nel 2020 un servizio SVoD (Subscription Video on Demand) direttamente in competizione con Netflix. Oppure è il caso della BritBox britannica joint-venture fra BBC e ITV, prossima al lancio sul mercato domestico. La competizione sul mercato on-demand è per lo più competizione sui diritti pregiati prodotti e acquisiti. Nulla di più che la stessa competizione sul mercato delle offerte lineari. Sul medio-lungo periodo gli operatori delle offerte lineari potrebbero recuperare terreno e diventare operatori importanti nel campo del non-lineare riducendo così il valore della distinzione sul versante degli assetti di mercato.

Di non minore importanza è il fattore tecnologico. Con una maggiore evoluzione e diffusione dei televisori connessi di nuova generazione e delle EPG (Electronic Program Guide) avanzate, l’utente sarà sempre meno interessato alla distinzione lineare / non lineare e comunque potrà accedere da un menù facilmente consultabile all’intera offerta disponibile al momento, indipendente se il prodotto scelto abbia un’origine “ancorata” a una programmazione oppure a un catalogo.

Offerte lineari e non-lineari invece di proporsi come modalità distinte in ambienti contrapposti si integrano in sistemi ibridi per un consumo che scivolerà dalle une alle altre in maniera seamless e cioè senza la percezione da parte dell’utente di una grande distinzione. Di fatto, questa è la “filosofia” del box SkyQ di Sky: dominare e controllare l’ambiente in cui lineare e non-lineare si integrano e si completano a vicenda. In un certo senso è anche l’orientamento di Amazon che al contrario del concorrente Netflix, punta anche a incrementare il numero dei canali live sulla propria piattaforma.

Gli operatori storici delle offerte lineari che investono in maniera rilevante nel campo del non-lineare, oggi comprendono bene che la competizione con i grandi player Internet non si basa tanto o solo sulla creazione di piattaforme alternative o simmetriche ma sul controllo di sistemi (piattaforme) che possano valorizzare i palinsesti in un contesto ibrido lineare / non lineare.

Tempo medio speso quotidianamente per la visione televisiva nel Regno Unito, per fasce di età (in minuti)

Fonte: BARB